Inizia sempre così, l’epopea che Gwydion ama raccontare, soprattutto, se in mano ha un buon bicchiere di vino del Bordeleaux e con l’altra può gesticolare come un forsennato. "C’era una volta un umile pastore di Carcassonne, maledetto, perché il padre era maledetto..."
Si narra che Arktos fosse un umile pastore di Carcassonne, nato da
Llyr e Bera, pastorella dello stesso villaggio. Llyr conviveva con
una maledizione scagliata da una maga, invaghita del giovane e da
questi rifiutata: di giorno, aveva le sembianze di orso, mentre al
calare del sole, riassumeva quelle di uomo e vagava per le montagne
ricoperto di pellicce. Pochi anni dopo, Llyr venne ucciso da un
cacciatore durante una battuta di caccia notturna, e la maga,
trafitta dal dolore, incantò Bera, costringendola a cibarsi del
cuore di Llyr. Durante tutto questo, Bera, inconsapevole, portava in
grembo tre gemelli. Nascono così tre maschi, anno 934: Elgr (cervo)
dalla forza prodigiosa, ma pauroso, Arktos (orso), coraggioso ma
irruente, e Lugus (corvo), lungimirante e calcolatore. I tre ragazzi
portavano evidenti caratteristiche fisiche: Lugus le scapole
sporgenti, Elgr le dita dei piedi arricciate, e Arktos, folte
sopracciglia e il corpo villoso.
La maledizione sembrò
ripetersi, e una notte, i tre ragazzi, su una sortilegio abbozzato
dalla madre, con tutte le intenzioni di vendicare il compagno, si
trasformano nei tre animali di cui portavano i tratti: Elgr conficcò
la maga su un albero, Arktos ne squarciò il petto e Lugus l’accecò,
con becco e artigli. Lugus, poi, affascinato dalla magia oscura,
volle saperne di più, così, approfondendone gli studi in
solitudine, rievocò l’incantesimo della madre, malgrado ciò,
perdendone il controllo. Succederà alla madre, quanto accaduto alla
maga. Elgr si ucciderà, non sopravvivendo al dolore, Lugus verrà
giustiziato dagli abitanti del villaggio, e Arktos, confinato a
Mousillon dal duca di Carcassonne, giunto a conoscenza di queste
pericolose magie.
Anno 953. A Mousillon, Arktos, senza
più nulla da perdere e in cui credere, sopravvisse a un incendio,
rimanendone incolume, resistette a tentativi di avvelenamento e
superò un’epidemia. Perché allora non tentare di bonificare
l’erba cattiva che mai muore? E così, Arktos venne reclutato come
secondino nelle prigioni di Mousillon. Quando di lui si canta, c’è
un motivetto che torna sempre – pare se lo volasse di bocca in
bocca tra i galeotti, per passarsi il tempo:
« Cammina come un vecchio marinaio,
non ha più un posto
dove andare;
la terra sotto i piedi non l’aspetta,
strano
modo di campare. »
Le voci, nel tempo, si diffusero:
risalirono dall’umida gattabuia ai vicoli sporchi di Mousillon,
dalle chiacchiere delle lavandaie alle orecchie del grandioso duca
Landuin, il più abile cavaliere della storia di Bretonnia, che vide
in Arktos un uomo da nutrire di speranza e fede, una pietra grezza da
far risplendere. E così, il secondino entrò a far parte degli
armati di Mousillon. Dalla spada al cavallo, e si ritrovò anni dopo,
valvassino.
Partecipò alle dodici Grandi Battaglie.
Arktos affiancò Landuin nella battaglia contro l’orco Brotgar. Uno
stormo di falchi attaccò le bestie volanti degli orchi, dice la
storia. Durante la quarta battaglia, la Dama apparve in sogno ai
bretoniani e Arktos riscoprì conforto e calore, si commosse. Aveva
la sua benedizione. Si unì al Lord Lambard, duca di Carcassonne e fu
questi a nominarlo cavaliere e a riaprirgli le porte di Carcassonne,
terra alla quale Arktos giurò di offrire lealtà, servigi, onore e
fedeltà. Gli verrà donato un cavallo, Burbero, e soccorrerà il re
Gilles, evitandogli un dardo che colpirà Arktos alla gamba,
provocandogli una lieve zoppia che perdurerà per tutta la vita. Anno
979.
La gente ricorderà Arktos come un uomo dalla ferocia
di un orso, capace di scagliarsi su troll, ratti giganti e demoni, al
grido di Bretonnia e in nome della Dama. Alcuni dicono che quel
giorno, al fianco di Gilles, era un orso bruno a combattere, altri,
di questa versione se ne fanno beffa, del resto Arktos non levava mai
di dosso quella folta pelliccia scura.
Il pastore di
Carcassonne, il carceriere di Mousillon, il cavaliere di Carcassonne.
L’orso. Arktos tornò alle sue terre come Paladino e signore di
Mont Rodez. Gli venne affidato un territorio aspro, a ridosso dei
monti Irrana, con una fortezza incastonata in un ferro di cavallo
montuoso e bagnata dalle acque del secondo affluente del fiume
Brienne. Fu amato dagli abitanti delle sue terre, rozzi e fedeli,
meno, dai pelleverde, proprio a un passo dal suo forte, ma sempre un
passo indietro a lui.
La discendenza di Arktos racconta
di svariati nobili cavalieri, sebbene non quanti si possa pensare di
trovarne negli annali, vista la stragrande maggioranza di nascite al
femminile. Quei pochi, tuttavia, sono noti per la loro tempra nel
resistere ai confini con le montagne ( generatrici di guai - gli
orchi) e con la foresta di Athel Loren, popolata dagli elfi silvani,
vicini più tollerabili, ma non di meno ostici.
Nel
tempo, si sono aggiunte roccaforti, alla signoria dei Mont Rodez.
Oltre alla più antica e prestigiosa, abitata da Arktos, è stata
conquistata la fortezza di Béziers, sul confine orientale con Athel
Loren, in una posizione più raccolta e selvaggia. Ne rimane una, più
piccola, dove il terzo affluente del Brienne si apre a forbice,
incastonata in mezzo ai due corsi d’acqua: Voiron, tra le tre, la
più abitata dai pastori, la più feconda, cinta dalle acque dolci.
Sagremor, signore di Mont Rodez ebbe due figli maschi: Maleagant, il maggiore, e Lamorak, il minore, cresciuti a Mont Rodez. Maleagant era un abile cavaliere, esperto nel comandare, quanto nel manipolare. Lamorak, un giovane curioso e rivoluzionario, che ascoltava la sua gente, nobile o contadina che fosse. Sul campo, Lamorak si guadagnò quella che sarebbe poi diventata la sua dimora, la fortezza di Béziers, ormai abbandonata da secoli, che versava in stato di abbandono. Si diceva fosse infestata da creature oscure e di passaggio per gli orchi. Lamorak restituì fiducia agli uomini armati, ai vecchi, ai bambini, levò la paura dagli animi della gente di Béziers, finalmente unita, non più sola, riconquistando quanto perduto.
Per Maleagant era da tempo ora di prendere moglie e il padre combinò un incontro ufficiale con la nobile Evaine di Loubaresse, figlia di un signore di Bastonne, interessato a prendere accordi col lontano ducato. Giunsero nelle aspre terre di Carcassonne. Il caso vuole, che il pomeriggio precedente al grande incontro, la giovane, viziata e insubordinata, fuggì, regalandosi una cavalcata per le prime alture che abbracciano la tenuta di Mont Rodez e incontrò un pastorello, che le offrì formaggio e pane fresco. Non c’era niente di più buono al mondo. Si fece tardi e di fretta e furia rincasò, tenendo quell’incontro segreto fino al giorno seguente, quando venne a sapere che quello che credeva essere un pecoraio, altri non era che il figlio minore di Sagremor, il più giovane Lamorak, che amava vestire i panni della gente comune, mescolarsi a loro e vivere la loro vita. I piani cambiarono - del resto, ai due padri, poco poteva interessare delle bizze di una fanciulla, e così, Evaine divenne la moglie di Lamorak. Nessuno badò a Maleagant, al suo dolore sordo, e soprattutto, a quanto pericoloso potesse essere l’orgoglio di un uomo rifiutato.
Anche Maleagant prese moglie, una sempliciotta dalla testa vuota e le tasche piene, buona per mangiare e figliare. Nacque il loro primogenito, Mordred, seguito da tre femmine: Morcades, Margwase e Modron. Lamorak ed Evaine ebbero due gemelli, Gwydion e Gwen.
Anno 2504. Evaine era ardentemente devota alla Dama e una notte le venne in sogno la sua bambina, predestinata a diventare una grande sacerdotessa. Il mattino seguente, nel freddo inverno - il secondo inverno dei gemelli - senza consultarsi col marito, avvolse i bambini in due piccoli fagotti di lana cotta, si raccomandò alla nutrice, la cara Ygraine, e mandò loro al tempio della Dama più vicino. Al castello erano attesi ospiti da lontano e la signora non avrebbe potuto occuparsi di Gwydion; pensò fosse il caso di assicurarlo a Ygraine, la donna più amorevole di Carcassonne che conoscesse. Accadde tutto rapidamente, la poveretta non seppe mai raccontarlo. Sembra che giunta al tempio, Gwen iniziò a piangere, e mentre Ygraine si adoperava per calmarla, di Gwydion rimase il solo panno. Era lui il prescelto dalla Dama.
Da allora, Evaine perse il senno, chiusa in folle silenzio e in perenne preghiera alla Dama, per avere indietro il suo bambino. Gwen crebbe, addormentandosi nel fantasticare su quella spada appesa sopra al suo letto: era la spada di Gwydion, e lei, era Gwydion.
Le gente di
Béziers seppe che la Dama aveva rapito la piccola Gwen e ai signori
era rimasto soltanto il figlio maschio, Gwydion. La verità era nota
soltanto ai genitori, a Ygraine, e al marito Cedric, uomo di cui
Lamorak si fidava ciecamente, venuto al mondo pastore e diventato
capitano degli armati. Gwen non indossò mai abiti femminili e
impugnò la spada della nascita come il suo diritto a stare al mondo.
Di suo fratello, che era così uguale a lei da confondere chiunque,
seppe sempre molto poco, se non qualcosa di strappato a Cedric e
Ygraine, che l’accudirono come il figlio mai avuto. Lamorak fu un
buon padre: le sorrideva, parlava piano, ma mai con la gioia nel
cuore, come se aspettasse sempre qualcuno, oltre lei.
Nel
frattempo, il destino di Voiron preoccupava i suoi pastori. Geraint,
il fratello minore di Sagremor, invecchiava, e la povera Gvenour non
era riuscita a dargli discendenti. Gli occhi e le mire di Maleagant
si allargavano, Voiron era probabilmente la posizione più ambita,
dal punto di vista produttivo, e Geraint, a dire del nipote di Mont
Rodez, era noto per essere fin troppo indulgente con le tasse. Cosa
ne sarebbe stata di Béziers, se anche Lamorak si fosse scoperto
essere senza eredi?
Gwydion imparò l’arte della spada, la forza dello scudo, il vigore della lancia a cavallo di un destriero. Cedric era buono e paziente, modellò le virtù di un cavaliere dentro una ragazza, mentre Ygraine le insegnava a fasciarsi il seno e a non avere paura.
Anno 2518. Il figlio di Lamorak partì a 16 anni, in cerca di un nome, e con la fame di avventure di cui essere protagonista, vagando un paio di anni per Bretonnia, in compagnia di altri cavalieri erranti, talvolta solo, col suo cavallo Furio. Sì unì al cugino Mordred e ad altri cavalieri, nella guerra, rimanendo al termine di questa, vittima di un’imboscata, non si sa da chi ordita. Gwydion rimase ferito in maniera importante, gli venne trafitta la coscia da un pugnale avvelenato, poi disarcionato da cavallo. Gli assalitori lo davano probabilmente per morto, fu questa la sua fortuna. Un gruppo di elfi silvani lo trovò, lo raccolsero sulle rive del fiume Drakwasser e gli salvarono la vita; giorni e giorni di cure e deliri, senza che lui potesse riprendere conoscenza. Venne lasciato dagli elfi alle porte di Untergard, e lì, due contadini lo trovarono, ancora privo di coscienza, ma non più in pericolo di vita. Dopo quindici giorni di riposo presso la locanda di Untergard, Gwydion si riprese, senza conoscere i suoi sicari, né i suoi salvatori. Anno 2522.
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